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giovedì, 21 Novembre, 2024

Giuseppe Forlenza, l’oculista lucano alla corte di Napoleone

“Chante l’art qui rende la lumière; Forlenze a dévorté mes yeux” – Lebrun Pindare

“Inneggio all’arte che mi ha reso la luce; Forlenza ha sgombrato i miei occhi”

Al National Galery di Londra c’è un dipinto di Jaques-Antoine Vallin (1791/1831) che ritrae un lucano: Giuseppe Nicolò Leonardo Biagio Forlenza.

Come può uno dei più grandi oculisti tra il XVIII e il XIX secolo, che ha dato un grande contributo al progresso dell’oftalmologia, divenuto celebre in Francia nell’era rivoluzionaria e napoleonica, in particolare per le sue operazioni di cataratta, tanto da essere insignito delle onorificenze di Cavaliere dell’Ordine della Legion d’Onore e di Cavaliere Onorario dell’Ordine di San Michele e San Giorgio, essere semisconosciuto in terra lucana?

È proprio questa la domanda che si era posto un altro grande lucano, Gerardo Salinardi quando: «nell’indagare fra polverosi documenti d’archivio alla ricerca di notizie per portare alla luce dati interessanti il nostro conterraneo Giuseppe Nicolò Leonardo Biagio Forlenza, grande chirurgo oculista, la cui figura e le cui opere ad oggi sconosciute o quasi in Basilicata».[1]

Nato da Felice e Vita Pagano, proveniva da una famiglia di medici: suo padre e i suoi zii Sebastiano e Giuseppe erano barbieri-chirurghi e flebotomisti di fiducia dei baroni Capece Minutolo di Ruoti. Mandato a frequentare il catechismo a Ruoti, in una scuola fondata dalla nobile famiglia, conobbe il principe Ferdinando Capece Minutolo, il quale rimase sorpreso dall’interesse del giovane per gli studi.

Qualche anno dopo, a causa di problemi economici familiari, il principe gli assegnò un vitalizio per continuare gli studi a Napoli, e, poi viaggi d’istruzione in Sicilia, Malta e alcune isole della Grecia.  Forlenza emigrò in Francia, diventando allievo del celebre Pierre Joseph Desault. Continuò l’esperienza nella medicina con un soggiorno di due anni in Inghilterra, lavorando al St.George’s Hospital di Londra, diretto da John Hunter, e viaggiò anche in Olanda e Germania. Poi il ritorno a Parigi dove Desault lo indirizzò nella specializzazione in oculistica e, ben presto, Forlenza intraprese una brillante carriera.

Importanti furono soprattutto le sue osservazioni sui ciechi nati, sulla pupilla artificiale e sulle cataratte. Nel 1797, praticò un intervento oculistico presso una casa di riposo di Parigi, davanti a una commissione nominata dall’Istituto e alcuni membri del governo, oltre alla presenza di studiosi francesi e stranieri. Nel 1798, ricevette l’incarico di chirurgo-oculista presso l’Hôtel des Invalides e l’Hôtel-Dieu di Parigi, curando i soldati napoleonici che avevano contratto malattie agli occhi durante la Campagna d’Egitto.

Nel 1801, chiese e ottenne il permesso del Ministero degli Interni francese di poter girare i vari ospedali della repubblica, operando per tutte le malattie della vista.

Tra i suoi pazienti, vi furono personalità di spicco come il giurista Jean-Étienne-Marie Portalis, ministro dei culti francese, e il poeta Lebrun Pindare che, in segno di riconoscenza, gli dedicò alcuni versi nell’ode intitolata Les conquêtes de l’homme sur la nature. La sua attività medica si estese oltre i confini francesi, recandosi in Inghilterra e nella natia Italia, eseguendo, gratuitamente, interventi chirurgici in diverse città come Torino, in cui curò alcuni non vedenti della “Casa dell’ergastolo”, e Roma, ove operò il cardinale Giuseppe Maria Doria Pamphilj, e fu onorato pubblicamente da Carolina di Borbone, duchessa di Berry.

Caduto Napoleone, Forlenza continuò il suo instancabile lavoro di chirurgo oculista e la sera del 22 luglio 1833 presso il Café de Foy a Parigi muore per un colpo di apoplessia all’età di 76 anni.

Di questo grande uomo, restano una piazzetta, una strada ed alcuni vicoletti a Picerno, suo paese natale che ne riportano: «solo il cognome senza alcun’altra indicazione e non vi sono elementi per affermare se essi siano stati intestati alla sua persona o alla ubicazione della casa o delle case ove i suoi antenati e parenti hanno risieduto».[2]


[1] “Da Picerno a Parigi. Giuseppe Nicolò Leonardo Biagio Forlenza” di Gerardo Salinardi. Ristampa a cura dell’Associazione culturale “Recupero Tradizioni Ruotesi” 2015.

[2] Ibidem.

“Chante l’art qui rende la lumière; Forlenze a dévorté mes yeux” – Lebrun Pindare

“Inneggio all’arte che mi ha reso la luce; Forlenza ha sgombrato i miei occhi”

Al National Galery di Londra c’è un dipinto di Jaques-Antoine Vallin (1791/1831) che ritrae un lucano: Giuseppe Nicolò Leonardo Biagio Forlenza.

Come può uno dei più grandi oculisti tra il XVIII e il XIX secolo, che ha dato un grande contributo al progresso dell’oftalmologia, divenuto celebre in Francia nell’era rivoluzionaria e napoleonica, in particolare per le sue operazioni di cataratta, tanto da essere insignito delle onorificenze di Cavaliere dell’Ordine della Legion d’Onore e di Cavaliere Onorario dell’Ordine di San Michele e San Giorgio, essere semisconosciuto in terra lucana?

È proprio questa la domanda che si era posto un altro grande lucano, Gerardo Salinardi quando: «nell’indagare fra polverosi documenti d’archivio alla ricerca di notizie per portare alla luce dati interessanti il nostro conterraneo Giuseppe Nicolò Leonardo Biagio Forlenza, grande chirurgo oculista, la cui figura e le cui opere ad oggi sconosciute o quasi in Basilicata».[1]

Nato da Felice e Vita Pagano, proveniva da una famiglia di medici: suo padre e i suoi zii Sebastiano e Giuseppe erano barbieri-chirurghi e flebotomisti di fiducia dei baroni Capece Minutolo di Ruoti. Mandato a frequentare il catechismo a Ruoti, in una scuola fondata dalla nobile famiglia, conobbe il principe Ferdinando Capece Minutolo, il quale rimase sorpreso dall’interesse del giovane per gli studi.

Qualche anno dopo, a causa di problemi economici familiari, il principe gli assegnò un vitalizio per continuare gli studi a Napoli, e, poi viaggi d’istruzione in Sicilia, Malta e alcune isole della Grecia.  Forlenza emigrò in Francia, diventando allievo del celebre Pierre Joseph Desault. Continuò l’esperienza nella medicina con un soggiorno di due anni in Inghilterra, lavorando al St.George’s Hospital di Londra, diretto da John Hunter, e viaggiò anche in Olanda e Germania. Poi il ritorno a Parigi dove Desault lo indirizzò nella specializzazione in oculistica e, ben presto, Forlenza intraprese una brillante carriera.

Importanti furono soprattutto le sue osservazioni sui ciechi nati, sulla pupilla artificiale e sulle cataratte. Nel 1797, praticò un intervento oculistico presso una casa di riposo di Parigi, davanti a una commissione nominata dall’Istituto e alcuni membri del governo, oltre alla presenza di studiosi francesi e stranieri. Nel 1798, ricevette l’incarico di chirurgo-oculista presso l’Hôtel des Invalides e l’Hôtel-Dieu di Parigi, curando i soldati napoleonici che avevano contratto malattie agli occhi durante la Campagna d’Egitto.

Nel 1801, chiese e ottenne il permesso del Ministero degli Interni francese di poter girare i vari ospedali della repubblica, operando per tutte le malattie della vista.

Tra i suoi pazienti, vi furono personalità di spicco come il giurista Jean-Étienne-Marie Portalis, ministro dei culti francese, e il poeta Lebrun Pindare che, in segno di riconoscenza, gli dedicò alcuni versi nell’ode intitolata Les conquêtes de l’homme sur la nature. La sua attività medica si estese oltre i confini francesi, recandosi in Inghilterra e nella natia Italia, eseguendo, gratuitamente, interventi chirurgici in diverse città come Torino, in cui curò alcuni non vedenti della “Casa dell’ergastolo”, e Roma, ove operò il cardinale Giuseppe Maria Doria Pamphilj, e fu onorato pubblicamente da Carolina di Borbone, duchessa di Berry.

Caduto Napoleone, Forlenza continuò il suo instancabile lavoro di chirurgo oculista e la sera del 22 luglio 1833 presso il Café de Foy a Parigi muore per un colpo di apoplessia all’età di 76 anni.

Di questo grande uomo, restano una piazzetta, una strada ed alcuni vicoletti a Picerno, suo paese natale che ne riportano: «solo il cognome senza alcun’altra indicazione e non vi sono elementi per affermare se essi siano stati intestati alla sua persona o alla ubicazione della casa o delle case ove i suoi antenati e parenti hanno risieduto».[2]


[1] “Da Picerno a Parigi. Giuseppe Nicolò Leonardo Biagio Forlenza” di Gerardo Salinardi. Ristampa a cura dell’Associazione culturale “Recupero Tradizioni Ruotesi” 2015.

[2] Ibidem.

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